Nel confronto con gli sguardi degli altri
Un assaggio di laboratorio di lettura in continuità con la primaria
Premessa
Mi consola immaginare che le tempistiche illustrate in questa premessa siano state esperienza comune per molti nel lavoro a scuola. Tuttavia sottolineare preventivamente che non è così che si dovrebbe pensare un lavoro di continuità è, per me, doveroso. Tanto più che c’è chi si spende per strutturarlo come un progetto giustamente complesso e ben ragionato. Ciò che vi racconterò in questa EDB è più che altro un’occasione in cui ho dovuto fare di necessità virtù. Mi auguro che la mia esperienza possa rappresentare semplicemente uno spunto, un’idea da inserire in un vero progetto di continuità meglio strutturato e condiviso, possibilmente, anche con altre discipline.
Qualche anno fa mi è capitato che mi chiedessero, a Maggio, di ideare un’attività di continuità con le elementari. Mi avevano dato, da un lato, meno di una settimana per pensarla, per organizzare e predisporre i materiali; dall’altro carta bianca, perché non c’era nessun altro che avesse tempo di occuparsene.
Spesso, di fronte a situazioni simili, sento di dover inventare qualcosa di nuovo e strabiliante, forse anche per compensare tutto ciò che secondo me, già in partenza, non funziona; ma il tempo a disposizione mi imponeva invece di attingere a proposte su cui avessi già lavorato.
Ho pensato quindi di “interrogare”, di scandagliare il percorso di lettura che stavo concludendo con le mie due classi prime (secondaria). Devo dire che avevo incontrato due classi inizialmente diffidenti e restie all’idea di dedicare alla lettura tutto il tempo che avevo loro prospettato: i quindici minuti quotidiani di lettura autonoma, i booktalk, la lettura ad alta voce un’ora a settimana, il laboratorio di lettura sui diversi generi ecc.; ma progressivamente nel corso dell’anno si erano letteralmente innamorati non tanto (o non solo) della lettura in sé ma del clima di comunità che si era creato, delle particolarissime interazioni che si generano discutendo di libri e condividendone le impressioni, delle promesse che la lettura porta con sé.
Questo era senza dubbio il mio vantaggio e, a guardar bene, a quel punto avevo l’imbarazzo della scelta. Ho deciso quindi di partire dallo stupore nella scoperta e la mia preferenza si è rivolta al potere della rilettura degli albi illustrati.
Rileggere e progettare
Ne ho parlato con i miei studenti e abbiamo convenuto di proporre un assaggio di laboratorio leggendo insieme agli studenti di quinta elementare l’albo La Piscina di Hyeon Ji Lee. La scelta non è caduta a caso su un wordless. Si tratta di libri che per tutto l’anno avevano svolto la funzione di costruire e poi confermare la consapevolezza del piacere dell’apprendimento che avviene interpretando le immagini nel confronto con gli sguardi degli altri (Terrusi, 2023: 11), gli studenti avevano pian piano riconosciuto loro il potere di essere, come descrive magistralmente Terrusi:
Eccezionali facilitatori di relazione, dispositivi capaci di azionare immediatamente la metacomunicazione del gioco, della comunicazione empatica, guide sicure che non dovevamo che seguire insieme, scoprendo luoghi poetici, vocabolari e immaginari comuni, occasioni di gioia dove il confronto con l’altro – altro lettore, altro autore, altra forma, altro orizzonte – è sempre anche conoscenza di sé stessi (ibid.)
Rispondono inoltre al criterio, suggerito da Serafini (2006: 90-91), di sommare in sé, in particolare grazie alle immagini, la qualità di trasparenza che consente di tracciare una comprensione di base della storia nel corso della lettura iniziale e, contemporaneamente, la complessità che spinge ad andare a fondo attraverso discussioni e indagini successive.
Avevamo letto La Piscina a novembre, quando i miei studenti muovevano i primi passi nel laboratorio e loro per primi sentivano di avere molto altro da dire, ora, su quell’opera alla luce di tutto ciò che avevano imparato nel corso dell’anno.
Per prima cosa abbiamo quindi riletto l’albo insieme. Per me è stato elettrizzante vedere come si muovevano tra le pagine applicando le diverse strategie apprese nel corso dell’anno e facendo emergere nuovi significati non sondati la prima volta. Era tutto troppo prezioso per lasciarcelo sfuggire quindi abbiamo raccolto le nuove domande, le impressioni, le interpretazioni, le connessioni. Potete leggere qui gli appunti che erano stati redatti dagli studenti con il compito di trascrivere gli interventi.
Rileggendoli mi sono convinta di essere sulla strada giusta. Mi piaceva l’idea di condividere un pezzetto di questo lavoro con gli studenti di quinta primaria.
A quel punto quindi ho strutturato una proposta che mi consentisse di lavorare sui seguenti obiettivi: ripercorrere e consolidare con i miei studenti le strategie apprese; offrire agli studenti di quinta un assaggio di laboratorio di lettura come costruzione di significato all’interno della comunità ermeneutica; far vivere ai miei studenti le regole del laboratorio dalla parte di chi conduce e darne un’idea ai ragazzi della primaria. Avevo pensato infatti di adottare il peer tutoring perché fossero i miei studenti a guidare i più piccoli alla scoperta del laboratorio.
Come ci siamo tuffati ne La piscina
Abbiamo immaginato che i ragazzi della primaria che si sarebbero trovati di fronte fossero, con le dovute differenze, al punto zero in cui si trovavano loro all’inizio dell’anno. Quindi abbiamo ricostruito, con un esercizio metacognitivo, come erano stati introdotti al laboratorio, cos’aveva funzionato. Sarebbero stati gli ingredienti da cui partire per modellare il comportamento che avrebbero dovuto tenere con i loro compagni più giovani. Sono emersi moltissimi aspetti ma quelli che univano tutti erano: la gentilezza nell’approccio, la pazienza, l’accoglienza anche delle interpretazioni più ardite, il presentarsi come guida fiduciosa. Abbiamo quindi studiato l’atteggiamento e il linguaggio adeguati da tenere per risultare accoglienti, gentili, pazienti, per essere delle guide nel laboratorio. In questa fase i miei studenti si erano fatti improvvisamente serissimi. Si proiettavano nella situazione e mostravano di tenerci molto a riuscire bene nel compito loro affidato. L’ho considerata un’eccellente palestra per riflettere sulle abilità sociali e per svilupparle.
Il giorno dell’incontro con la primaria dopo una lettura dell’albo proiettato alla LIM e sfogliato da me nel formato cartaceo sono stati divisi in gruppi eterogenei (i gruppi degli alunni della primaria erano stati pensati dalle maestre). Ogni gruppo, composto da 3 della primaria e 3 della secondaria aveva una copia dell’albo (ero riuscita a recuperarne sette copie tra biblioteche, amici e colleghi). I miei studenti avevano il compito di guidare gli alunni della primaria nella lettura approfondita dell’albo. Tuttavia avevamo concordato di condividere, in prima battuta, semplici impressioni sul testo: cos’era piaciuto, cosa meno, cos’avevano notato, un’immagine che avesse catturato la loro attenzione. Questo perché, come suggerisce Serafini (2006: 92), gli studenti devono poter cominciare con conversazioni informali prima di poter intraprendere dialoghi più complessi sul testo. É come andare ad una festa, precisa lo stesso autore, devi “parlare del tempo” prima di poter affrontare la discussione di eventi che riguardano la tua vita (ibid.). Quindi sia gli studenti di quinta primaria che quelli della secondaria hanno condiviso prima di tutto impressioni molto spontanee. A quel punto potevano tornare al testo per andare più in profondità.
Hanno quindi lavorato sulle tavole usando un organizzatore in cui potevano annotare i nuovi significati che emergevano nell’incontro dei loro diversi sguardi. Ero consapevole che, in un’esperienza così breve, dovevamo limitarci a pochi stimoli che lasciassero spazio, più che altro, al piacere della discussione che ne scaturisce. Per questo ho progettato uno strumento abbastanza semplice che portasse a sondare gli aspetti emersi con più forza nei dialoghi in classe (prima di incontrare i ragazzi di quinta avevamo usato alcune lezioni per testare lo strumento insieme). Potete trovare qui l’organizzatore vuoto. Come da regola del laboratorio i miei studenti sapevano di non dover insegnare i significati che loro attribuivano al testo, la loro interpretazione ma di dover guidare i ragazzi ad esprimere i propri, discutendone poi insieme per “scriverne” di nuovi. Come sostiene Chambers l’insegnante non dovrebbe mai esprimere la propria opinione su un testo prima che gli studenti non abbiamo dimostrato di sentirsi legittimati ad esprimere le proprie riflessioni, i propri pareri (Chambers, 2015: 148). Allo stesso modo i miei studenti erano preparati a far sentire ai loro compagni più giovani che ogni riflessione era “degna di essere detta” (ibid.).
Dopo le prime incertezze hanno lavorato speditamente e con coinvolgimento. Ci siamo infine presi del tempo per condividere com’era andata e se c’era stato qualcosa che li aveva colpiti in particolare.
I commenti dei miei studenti, una volta rientrati in classe, sulla fatica di fare da guida a tutti con le differenze che ognuno esprimeva hanno alimentato un bel dialogo che è proseguito poi anche nei giorni seguenti.
Conclusione
Il wordless book induce in un certo senso il lettore a scrivere e riscrivere la storia ogni volta che legge o rilegge il testo, contiene infatti prospettive molteplici e anche molteplici linee interpretative. In questo senso esorta il lettore a prendere continuamente decisioni su come la storia che gli si costruisce sotto gli occhi dev’essere letta, interpretata. La ri-scrittura genera così nuovi significati e consente di colmare lo spazio che separa il lettore dal testo. Si tratta di un’attività che obbliga ad investigare e negoziare continuamente il significato con il testo e poi con i compagni (a tal proposito si veda, in particolare, Serafini F. e Giorgis C., 2003). In questo senso il lavoro ha rappresentato un momento di condivisione di altissimo livello, ed è stato proprio questo scrivere e riscrivere insieme la storia che ha riempito di significato l’incontro con i ragazzi della primaria.
Non meno significativa è stata la presa di consapevolezza da parte dei miei studenti. Da un lato hanno sentito di saper padroneggiare una serie di strumenti del laboratorio e questo li ha fatti sentire a proprio agio. Dall’altro hanno dovuto prendere per mano i compagni e condurli, con delicatezza, all’interno del laboratorio. Sembravano sapere che stavano maneggiando qualcosa di fragile, che si sarebbero giocati in poco tempo l’adesione o meno alla loro proposta e questo ha alzato la loro attenzione e li ha spinti ad un impegno notevole. Nelle settimane successive ho potuto giovare di questo passo compiuto. Il laboratorio di lettura aveva assunto nella loro mente, e quindi poi nel loro modo di agire, i contorni precisi di uno spazio particolare, prezioso anche in virtù delle sue regole che, in qualche modo, garantivano la partecipazione di tutti e la costruzione di un clima vitale, creativo e al contempo disteso.
Bibliografia essenziale
Chambers, A., 2015, Il lettore infinito, Modena, Equilibri.
Lee H. J., 2015, La piscina, Orecchio Acerbo.
Serafini, F. e Giorgis, C. 2003, Reading aloud and beyond, Portsmouth, Heinemann.
Serafini, F., 2006, Around the reading workshop in 180 days, Portsmouth, Heinemann.
Terrusi, M., 2023, Meraviglie mute, Roma, Carrocci.
Autrice - Alice Rossetto
Insegnante di Scuola secondaria di Primo Grado a Padova
Data di pubblicazione - 27 gennaio 2024