Le città, punto di partenza per l'analisi del proprio territorio.

Diciamolo: quanto è bello e nello stesso tempo difficile insegnare una materia come la geografia! Difficile perché come contenere le infinite possibilità di lavoro che ci presenta?

Proprio qualche giorno fa mi sono trovata a contare le ore di lezione a mia disposizione fino a giugno ed, ahimè, a comprendere che dovevo necessariamente rivedere il progetto che avevo in mente per la mia classe terza partendo dal libro “Il giro del mondo in 80 alberi” di Jonathan Drori edito da Ippocampo.

Ma tranquilli, quella che vi propongo oggi è una esperienza validata e fattibile per una classe prima.

Ci ripetiamo come un mantra che per una progettazione efficace dobbiamo partire dalle Indicazioni Nazionali, ma io, a questo, accompagno anche un altro elemento per me fondamentale: quali emozioni posso far emergere nei miei ragazzi? Su che sentimento mi posso soffermare?

L’alfabetizzazione emotiva è un po' un mio cruccio, il cercare di trasportare tutto in una sfera personale che sia anche possibile esperire e vivere in prima persona.  Ed è forse per questo che amo così tanto la geografia! D’altronde i traguardi di sviluppo presenti nelle Indicazioni ci dicono proprio questo; ci dicono di osservare, di descrivere, di interpretare e confrontare e di conoscere temi e problemi che riguardano il nostro vivere.

Ma veniamo al dunque. L’attività che vi propongo (che ha visto 8 ore in totale di realizzazione più 4 aggiuntive sorte in itinere che è possibile non fare) faceva parte di una UDA più ampia sulle città d’Italia e d’Europa. Avevo davanti una classe composta da 22 alunni e tra questi un ragazzo filippino appena arrivato in Italia e una ragazza sorda con impianto cocleare. Era quindi fondamentale per me lavorare e far lavorare dando molta importanza al senso della vista e alle immagini.

In una prima fase ho chiesto ai ragazzi di esprimere cosa significasse per loro LA CITTÀ. Abbiamo utilizzato l’app Mentimeter e abbiamo letto e condiviso tutte le risposte. Successivamente, ho chiesto ai ragazzi di leggere la definizione che proponeva il vocabolario ed il libro di testo in adozione. Ci siamo meravigliati nello scoprire così tante differenze tra ciò che avevamo scritto e ciò che riportavano gli altri testi.

Cosa rendeva i concetti così diversi? Ci siamo risposti che nel libro mancava la parte emotiva, la parte personale. Abbiamo parlato, quindi, di punto di vista e mi sono aiutata con la lettura del brano “Nessuno vola da solo” tratto dal libro ‘Noi siamo futuro’, (Raffaello edizioni) che ci ha mostrato la città dal punto di vista di un codalunga. Attraverso gli occhi dell’uccello, abbiamo osservato la città dall’alto con i suoi problemi di traffico ed inquinamento ambientale; ho così chiesto per la lezione seguente di provare a “volare” sopra il loro quartiere ed osservare eventuali problematiche.

La lezione successiva ho trovato I ragazzi propositivi e attenti con uno sguardo diverso verso la loro città e volenterosi di raccontare la loro lista infinita di “Prof. l’immondizia per strada, e le buche, e non ci sono marciapiedi, e le macchine non si fermano sulle strisce….”

Ho domandato loro se sia possibile avere delle città con una qualità di vita più alta e quali sono gli elementi che dovrebbero avere. In questa fase di brainstorming sono emerse considerazioni notevoli che hanno avuto un riscontro quando ho mostrato loro soluzioni messe in atto da alcune città Europee vincitrici degli European Green Capital Cities (qui il link diretto al sito).  Abbiamo osservato i video di queste città e abbiamo tirato fuori quelli che sono i punti forti di città sostenibili e green.

Come sarebbe la vostra città ideale? Cosa fareste voi se foste dei politici che hanno la responsabilità di gestire il territorio? Questo il compito di realtà che mi ero immaginata all’inizio di questo percorso e che ha visto dividere la classe in gruppi da 4 utilizzando l’app Classroom screen (compagna fedele delle mie lezioni). Ogni gruppo aveva i seguenti ruoli: architetto, ricercatore, urbanista e disegnatore. Ogni ruolo aveva un compito specifico, ma l’obiettivo finale era comune e condiviso: progettare e realizzare una propria città facendo emergere gli elementi che avevamo imparato a riconoscere nelle lezioni.

Nella terza lezione da due ore i ragazzi hanno esposto dei lavori incredibili. E questa per me è stata anche occasione di fare una piccola verifica in itinere con delle domande aperte utile a comprendere se le informazioni sulle città erano state acquisite e comprese. Questi alcuni dei lavori che hanno realizzato i ragazzi:

E siamo giunti così alle ultime due ore di lezione (o almeno credevo che lo fossero): dopo un momento importante di condivisione e di metacognizione, ho chiesto ai ragazzi di poter elaborare delle possibili soluzioni alle criticità emerse dall’analisi del proprio territorio. Abbiamo creato dei tavoli di dibattito e riflettuto a lungo su ciò che anche noi possiamo fare nel nostro piccolo.

Poi arriva B. che, alzando timidamente la mano, dice: “Prof. Io andando in giro per il quartiere ho visto anche cose belle!”. Bingo. È stato lì che ho capito che il lavoro non poteva finire qui. Vedere la bellezza nel paesaggio intorno, imparare a riconoscerla e sostenerla valeva per me più di una lista di soluzioni per migliorare il quartiere.

Ho chiesto così ai ragazzi di andare in giro non solo per il quartiere ma per la loro città (abbiamo la fortuna di stare nella bellezza di Roma ) e di fotografare ciò che colpiva con la bellezza il loro sguardo, facendo così emergere il loro punto di vista – proprio come aveva fatto il codalunga nel racconto letto in classe.

Ci siamo ritrovati dopo una settimana e le foto scattate dai ragazzi erano così belle, ma così belle, che insieme abbiamo deciso di creare una mostra fotografica per i ragazzi e le ragazze della scuola.

Questa si è rivelata una occasione di poter lavorare su molteplici aspetti e mettere in campo diverse competenze. Linguisticamente abbiamo lavorato sulla realizzazione di una didascalia e sulla descrizione sintetica della fotografia (che fatica scegliere le poche parole giuste per esprimere il personale punto di vista!) digitalmente ci siamo concentrati sull’impostazione grafica della mostra, di un titolo che sappia rispecchiarne il valore e degli inviti da far girare alle famiglie.

E poi abbiamo lavorato manualmente sulla disposizione e la messa in mostra. Questo momento confesso è stato il più caotico ma nello stesso tempo anche molto divertente.

Il giorno finale della mostra è stata anche un momento di condivisione genitori figli che non fa mai male ed i ragazzi hanno dato prova anche di una ottima esposizione orale delle proprie opere.

Vi lascio qualche scatto della mostra e la mia faccia feliciona!


Grazie per la lettura.


Bibliografia

Autore - Cecilia Rizzo

Insegnante di Scuola secondaria di Primo Grado a Roma

Data di pubblicazione - 07/01/2024