Interrogazioni, verifiche orali, colloqui?
Appunti su prove orali e valutazione

In un post del 16 febbraio 2021 nel gruppo “Italiano, storia e geografia nella secondaria di primo grado” ci si chiedeva come interrogare i ragazzi durante le cosiddette prove orali. In questo contributo vorrei offrire una prima disanima del problema, anche attraverso la descrizione di una proposta pensata per allievi di una classe terza, in Storia.

 

Partiamo dal principio, partiamo dalle parole

Spesso siamo abituati a usare espressioni routinarie e tipiche del gergo scolastico per riferirci alle cosiddette interrogazioni. Cosa sta, però, dietro a questi termini? Etimologicamente, a cosa rimandano? Riflettiamo, allora, su cosa si celi dietro alle parole interrogazioni e verifica (orale).

 

Interrogazione. Dal latino interrogatio. Tacito nelle Historiae lo utilizza con il significato di domanda, come richiesta di spiegazione: crebris interrogationibus notum pugnae signum, cioè «nota la parola d’ordine della battaglia per le continue domande». Cicerone, ad esempio nel primo libro degli Academica, dà una sfumatura dialettica alla parola. Il significato ciceroniano, tuttavia, benché più aderente all’etimologia, cioè interrogatio come un “porsi domande (rogo) fra due persone (inter)”, è il senso meno comune del termine. Nel senso tacitiano è passato all’italiano; infatti, oggi è legato etimologicamente a parole come interrogatorio o alla sfera semantica dell’esaminare.

 

Verifica orale. Verifica deriva dal latino verum + facere, significa, letteralmente, «dimostrare il vero». L’attestazione del verbo in latino è tarda e legata all’ambito filosofico; troviamo ad esempio il termine nel suo De topicis differentiis di Boezio, con il significato di «indicare, presentare come cosa vera». Verifica significherebbe quindi l’azione di render conto della verità, cioè l’azione del disvelare. Questo in linea con la tradizione filosofica sulla verità: sin dall’antichità la sua rappresentazione è legata allo svelamento e al disvelamento. In greco aletheia, letteralmente, significa «ciò che non è nascosto».

 

Altra espressione, rara e più tipica dell’Esame conclusivo del Primo Ciclo, è colloquio, che rimanda all’idea del «parlare insieme».

 

Espressioni queste – interrogazione, verifica, colloquio – che solitamente sono percepite come sinonimi con una minima (se non nulla) differenza semantica, anche se, nel loro profondo, la mantengono. Trovo, infatti, significativa l’idea di «verifica» come una ricerca che tenta di dimostrare il vero, di andare cioè a fondo delle questioni, mettendo in gioco che si sa e attivando ciò che si conosce attraverso richieste che abbiano un approccio euristico. Quest’idea del verificare trova strette connessioni con il senso profondo del valutare, cioè del “dare valore”. Valutazione che non può mai essere azione singola, ma che è ontologicamente esperienza processuale. Infatti, come insegnante, posso osservare alcune evidenze su singole prove, posso (ahimé) dare un voto a una singola prova (si spera in virtù di una strutturata e flessibile rubrica valutativa), posso esprimere un giudizio su una singola prova, difficilmente posso esprimermi globalmente su una competenza in base a una singola prova. La valutazione è un processo lento, tortuoso, complesso che deve essere governato, riflettuto, digerito, condiviso, mediato con gli studenti, con le famiglie.


Come ricorda Valentina Grion, citando Binetti e Cinque, l’esperienza valutativa porta con sé tutti questi aspetti:

 

«1. veicola ciò che importante apprendere;

2. ha un potere sul processo di insegnamento e di apprendimento;

3. consolida lo sviluppo delle strategie di apprendimento;

4. influenza il valore che il soggetto attribuisce alla formazione, così come il senso di realizzazione personale e la volontà di portare a termine determinati compiti di apprendimento;

5. contribuisce a definire cosa gli studenti associano, in generale, all’esperienza della valutazione»
(Grion, Serbati, Cecchinato, 2022).

 

La valutazione, pertanto, è la chiave di volta dell’esperienza formativa dei nostri ragazzi. Per questo motivo, è necessario progettare i momenti di verifica e di valutazione con cura e attenzione, allo stesso modo con cui si progetta un percorso didattico, un’unità di apprendimento o una singola lezione. In questo senso, non +avrebbe neppure senso improvvisare le (se vogliamo chiamarle così) interrogazioni.

 

Un esempio di progettazione della valutazione.
Verifiche orali su totalitarismi e democrazie negli Anni Venti e Trenta

La progettazione, sintetizzando e semplificando un po’, avviene in due macro-pratiche. La prima è la progettazione generale, che abbozza e disegna la trama del percorso didattico; la seconda è la progettazione di dettaglio, che precisa e stende i colori via via che la strada si cammina. Già nella prima macro-pratica la dimensione valutativa deve essere interrogata e curata sin da subito in relazione alle competenze e agli obiettivi specifici di apprendimento; a tal proposito Antonio Calvani e Laura Menichetti propongono di realizzare (mentalmente o per iscritto) una tabella obiettivi-verifica, utile ad attenzionare ciò che ci si aspetta dal percorso didattico in termini di evidenze rilevabili nell’agito dell’allievo (Calvani, Menichetti, 2015). Questa fase, nella mia esperienza di progettazione didattica, si delinea nel momento in cui abbozzo la rubrica valutativa. Preciso: non significa produrre necessariamente documenti formali di volta in volta, significa anche soltanto scarabocchiare, gettare su carta, appuntarsi mentalmente. Perché la competenza progettuale non è un foglio ben scritto, ma un’abilità e una forma mentale, è capacità di pensiero progettuale.

 

Ecco la riscrittura dei miei appunti (mentali e non) relativi a un percorso didattico su totalitarismi e democrazie tra anni Venti e Trenta.

Personalizzazione della tabella verifica-obiettivi (cfr. Calvani, Menichetti, 2015). La scelta che ho operato, in linea con la progettazione a ritroso, modello di pensiero didatto che seguo, è l'anteporre le evidenze (ciò che vorrei che gli studenti riuscissero a fare nel concreto) agli obiettivi (che scaturiscono dalle evidenze)

Dopo la fase di macro-progettazione si parte con il percorso didattico, di volta in volta precisato nella fase di progettazione di dettaglio, finché non giunge alla fine. Che in realtà è un inizio. Si giunge al momento di valutazione, a cui va dedicato un tempo di preparazione, che in classe si può tradurre in un «come sono strutturate le verifiche orali». A un dialogo con i ragazzi, segue la pubblicazione su Classroom di quanto raccontato in aula.

Parte del documento pubblicato su Classroom agli studenti: è indicata la struttura della verifica orale ed è esplicitato quanto sarà richiesto loro.

La verifica orale sarà poi mediata da una presentazione digitale che renderà più agile il momento valutativo per me e per i ragazzi. A conclusione delle diapositive, è presente la rubrica valutativa, attraverso la quale è condotta l’autovalutazione, prima di dover (per obbligo, convenzione, necessità esterni a me) assegnare un voto, per quanto possibile concordato e mediato con gli studenti.

Clicca l'immagine per visualizzare la presentazione

Bibliografia primaria


Autore - Alessio Trevisan
Insegnante di Scuola secondaria di Primo Grado a Torino

Data di pubblicazione - 20 febbraio 2023